Ieri sera (L’articolo è stato scritto il giorno dopo il concerto, n.d.r.) il Paladozza di Bologna ha riaperto le sue porte agli Editors, alla band che tre anni fa, il 28 Novembre 2015, le chiuse. Stessa data (-1 per chi cerca il pelo nell’uovo), stesso luogo, stessa band e un album in più: Violence (2018). Il palazzetto del capoluogo emiliano può essere definito un vero e proprio tempio sacro, sia in termini sportivi che musicali, dato che fu anche il luogo che ospitò, nel lontano 1967, i Rolling Stones per la prima volta in Italia. Ad allietare il pubblico prima dell’ingresso della band ci pensa Andy Burrows, un musicista inglese e grande amico (collaboratore) di Tom Smith, che per circa un’ora ha intrattenuto con la sua chitarra acustica un palazzetto che man mano si riempiva, con un costante crescendo in termini di performance e un picco raggiunto quando, in modo abbastanza umile, Tom si presenta sul palco per duettare con il suo amico. Se ci fosse stato un cieco e se Andy non avesse annunciato il suo imminente ingresso sul palco, ci avrebbero pensato le urla delle ragazze a fare da presentazione.
Puntualmente, alle 21:00, la band da inizio alle danze. Fin dai primi pezzi fa capire che le incredibili estensioni vocali di Tom per fortuna non sono un sogno, sono da brividi e a partire dal primo brano – The Boxer, In this Light and on this Evening – hanno causato probabilmente numerose rotture tra le coppie presenti. Diciamo che l’estensione di 4,75 ottave è un’ottima scusa per finire una relazione. L’alchimia perfetta tra Tom e gli altri componenti del gruppo ha portato letteralmente il pubblico in delirio fino alla fine del concerto. Hanno dimostrato che il loro stile iniziale non è morto, il loro modo di suonare resta sempre lo stesso, con la stessa energia a tratti punk, la stessa potenza e molta esperienza in più. Proprio quella che li ha portati alla creazione di un album come Violence, un lavoro/testimonianza di una band che ha deciso di restare legato alle radici e allo stesso tempo di esplorare nuovi orizzonti e nuovi sound. Come quello alternative/indie della “Hallelujah (So Low)” proposta al pubblico bolognese o più soft come “Darkness at the door”. Smettila di urlare, parla chiaro. Chiaro e diretto, come il loro modo di suonare.


Tra un “grazie mille” e l’altro la band è riuscita ad accontentare ogni sound ricercato dal pubblico, dal new entry – che tanto new non è – rock elettronico al remoto post punk, passando dal synth pop, dall’indie–rock e dall’alternative. Un pubblico caloroso e misto ha fatto da cornice, padri che accompagnavano le figlie saltavano insieme a loro, le coppie che hanno evitato una rottura a causa del carisma di Tom si abbracciavano, saltavano, si baciavano. Quest’ultima potrebbe essere una causa del sound non ben definito della band che crea sentimenti contrapposti. Ma va bene così, alla gente piace e a loro anche. Infine, quella che si è notata sul palco è stata una band che si divertiva tanto quanto il pubblico, un batterista scatenato, una chitarra impeccabile, un basso che andava come un treno e un synth magnifico. La cosa che risaltava di più però era il legame che si è creato nel tempo tra i componenti, fatto di sguardi prima di un imminente assolo – gli stessi sguardi veri e magnifici che si notano durante una session di una band amatoriale da garage – , di sorrisi e di complicità.
La durata del concerto è stata di circa due ore e verso la fine ha stupito un pubblico che stava lì per due cose: gli Editors e per sentire una chiusura di concerto accompagnata da “papillon”. Prima di “Magazine” singolo principale di Violence e ultimo brano pre bis, la band ha fatto aumentare le pulsazioni del pubblico introducendo “papillon”. Brano che fino a poco tempo fa veniva utilizzato per concludere i concerti, e che in fondo, sarebbe stato perfetto per la serata di ieri. Magari con una versione estesa. Il bis riprende subito con un medley acustico di Tom usato per intrattenere i fan. Nel frattempo la band si rilassa, sale sul palco e riapre le danze con Cold, un potente e allo stesso tempo leggero brano del loro ultimo lavoro. Uno dei testi del nuovo album che mostra al mondo il loro nuovo punto di vista, la loro nuova visione, quella che ha portato – dopo un’apertura d’occhi, come dissero i componenti durante un’intervista – ad avere un approccio diverso dal punto di vista creativo. Causato dal pessimismo e dall’aria cupa che si nota nella società di oggi. Ecco Violence.
La band, dopo l’ennesimo “grazie mille” da parte di Tom, decide di chiudere il sipario con “Smokers outside the hospital doors” (An End Has a Start), un brano alternative/indie del 2007. Lo stesso che l’otto marzo scorso venne eseguito nel programma di Manuel Agnelli qui in Italia, Ossigeno e che piacque molto al conduttore. Non sarà stato un finale con “Papillon” e nemmeno con “No Sound But The Wind” – l’assenza in scaletta è l’unica critica reale della serata – ma coerente con il momento e perfetta per una chiusa di concerto.


Ogni fine ha un inizio dice il titolo dell’album e gli Editors lo hanno dimostrato più volte. Cicli musicali che si chiudono con tour finiti, sound diversi nel giro di poco tempo, crescite esponenziali, personalità pazzesche da parte di ogni componente ed esibizioni impeccabili sotto ogni punto di vista. Gli Editors, in un momento in cui il mondo ha davvero bisogno di buona musica, si sono piazzati tra le migliori realtà musicali degli ultimi anni.
Un sentito ringraziamento a Luigi Rizzo per le fotografie
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