Il mese scorso vi abbiamo proposto, sulle nostre pagine, una corposa intervista con uno dei dj resident del Sound Department, Luciano Esse. Per continuare questa nostra avventura nel mondo dei club, rimanendo sempre in tema Sound Department, oggi vi proponiamo un’altra intervista.
Cosimo Colella, apprezzato dj di Taranto classe ’89, muove i suoi primi passi nel mondo della musica intorno al 2005, iniziando una brillante carriera che lo porterà a suonare assieme a grandi nomi del mondo della musica, in alcuni dei migliori club d’Europa.
Senza anticiparvi null’altro, qui di seguito troverete l’intervista esclusiva completa!
Ciao Cosimo! Per iniziare, ti chiedo di parlarmi dell’inizio della tua carriera artistica. Come e dove hai iniziato?
“È un po’ difficile dirlo con precisione, ma ricordo che la prima volta che misi i dischi fu in un party organizzato da me e uno dei miei migliori amici, penso fosse il 2004 o il 2005, secondo anno di liceo. Decidemmo di fare un party per metter su la musica che ci piaceva; sai, alle feste di liceo si cerca di accontentare un po’ tutti, e a noi sta cosa non ci faceva impazzire. Ai tempi, per noi, si parlava dell’house di New York, fondamentalmente. Poi di là le cose sono andate evolvendosi un po’ lentamente. Diciamo che, non avendo dei grossi riferimenti tra i dj più grandi, ho avuto la fortuna di crearmi un background totalmente personale: si può dire che non rientravo nel tipico personaggio del dj all’italiana dei tempi. Dai 17 anni in poi ho trascorso veramente poco tempo a Taranto; certo, io e i miei soci avevamo buoni riconoscimenti come producer per la nostra giovane età, però, a livello locale, non ricevevamo nessuna considerazione. E la nostra musica a Taranto era taboo, quindi si facevano le feste tra noi pochi appassionati-nerd musicali dei tempi, in maniera molto spontanea. Quando son tornato in patria in pianta stabile, una mia vecchia conoscenza (Marco Manzulli, n.d.r.), era in procinto di avviare il Sound Department e mi offrì una residence nel bagno del primo Sound, dove ritrovai il mio amico Biagio Laneve. Poi, di li in poi, è tutto abbastanza documentato!”
Sappiamo che sei molto attivo nel campo delle produzioni. Parlaci del tuo lavoro.
“Con le produzioni, come ti accennavo, si è iniziato abbastanza giovani. Diciamo che si creò una bella sinergia con altri due ragazzi, grandi appassionati di musica, Fabio Liuzzi e Carmine Mongelli, con cui si iniziò a rilasciare le prime cose con il moniker Floska. In un primo periodo stava prendendo pure una bella piega a livello un po’ più mainstream – ti parlo di 2010-2011 -. Le nostre produzioni le suonavano tutte le varie superstar dj e c’erano label più mainstream alla porta, ma nel contempo subentravano meccanismi che limitano un po’ l’espressione artistica, quindi decidemmo di fare cose che sentivamo più nostre. Non abbiamo mai avuto l’obiettivo di diventare delle superstar quindi da allora abbiamo deciso di fare musica fondamentalmente per noi e di lavorare solo con label che stimiamo e che condividono la nostra visione musicale, che è quella della totale libertà espressiva. Noi stessi abbiamo spesso esplorato generi lontani dall’house o fatto progetti con altri producer.”
Sei (stato? So che non sei in Italia attualmente) DJ Resident al Sound Deparment. Quanto è stata importante quest’esperienza per te?
“Sono, sono… nel senso che, nonostante al momento sia impossibilitato a essere sempre disponibile, Sound Department sarà sempre il mio club: c’è troppa interconnessione tra me e il progetto. Siamo cresciuti insieme, penso che per me sia stata la migliore scuola. Il fatto stesso di iniziare una pista house, quando il genere in Puglia e in Italia era considerato molto demodè, dove io e Biagio ci siamo potuti esprimere senza nessuna restrizione – perché non c’era un metro di paragone per il nostro pubblico, diciamo che i primi paletti sul genere li abbiamo messi noi e la direzione artistica con le sue scelte – ci ha permesso e imposto di crescere a una velocità enorme. Perché, in sostanza, nessun locale italiano che conosco prende due ventitreenni semisconosciuti e li fa suonare 3 ore o più il sabato, tutti i sabati (l’italia è famosa proprio per le sue line up con un dj all’ora, n.d.r.), per di più aprendo o chiudendo i set degli artisti più disparati – parlo di più di cento artisti appartenenti ai più svariati filoni musicali. Insomma, è stata una cosa fantastica perché sono uno dei pochi dj della mia generazione ad avere avuto una vera residency settimanale, tra l’altro in un contesto musicale elevatissimo.”
Quant’è importante il Sound Department per il movimento del clubbing pugliese e italiano?
“In primis lo è per Taranto, perché è stato il primo club di Taranto. Abbiamo portato due generi musicali quali la techno, che era totalmente ignorata, e l’house, che veniva proposta in locali commerciali con un orizzonte che si fermava a quelli che erano i suoni più classici, tralasciando completamente l’aspetto legato alla ricerca. Per la Puglia è sicuramente importante perché ha portato tanti artisti da queste parti per la prima volta e perché la Puglia ha sempre avuto un circuito underground abbastanza unito, specialmente da BAT in giù, quindi il nostro club è un club di pugliesi, non solo di tarantini. A livello nazionale c’è tanto rispetto da quello che vedo nei nostri confronti, nonostante la geografia ha il suo peso e siamo sicuramente meno di passaggio di altri grandi club italiani. Però, in alcuni eventi – uno su tutti il camping 2days dello scorso anno – è arrivata veramente gente da ogni parte d’Italia.”
Sappiamo che lavori con l’etichetta del Sound Department. Di cosa ti occupi?
“Diciamo che sull’etichetta siamo abbastanza uniti, c’è un ottimo rapporto tra tutti i dj del sound department e i nostri amici che collaborano dall’esterno. Ci occupiamo di qualunque cosa ci sia bisogno, come anche nel club del resto. Anzi, a breve ripartiremo a stampare: il materiale c’è e secondo me è molto valido e firmato da dj con un solido background. Più nello specifico, ho inaugurato la serie ‘white’ dell’etichetta, che è più legata al panorama house, con un mio disco – realizzato sempre con Fabio e Carmine – che è stato remixato, tra l’altro, dalla leggenda di Detroit Andrès e da uno dei miei artisti italiani preferiti che è Fabio Della Torre.”
In questo momento ti trovi in Olanda. Suoni da qualche parte lì? Quali sono le tue esperienze all’estero?
“Al momento sono in Olanda per un master e sto dedicando tutte le mie energie allo studio, approfittando del momento di pausa musicale per fare tanta ricerca e della posizione geografica per ascoltare tanti artisti che ammiro. Mi piacerebbe fare qualcosa anche qui, data la grande qualità di alcuni parties, ma non sono uno che forza tanto le cose. Per quanto riguarda le esperienze all’estero idem: un’esperienza molto bella fu suonare a ‘Studio Я’ a Berlino qualche anno fa; c’è anche lo streaming del set sui loro canali Vimeo.”
Quanto è sentito e sviluppato il movimento del clubbing in Italia?
“In Italia abbiamo delle ottime realtà di clubbing, anche se la maggior parte dei “club” propone sempre i soliti venti-trenta nomi appartenenti alle etichette e agenzie più popolari. Se invece parliamo più in generale di musica elettronica, abbiamo un’ottima scena, con ottimi artisti ed etichette. Diciamo che dovremmo valorizzare di più i nostri artisti.”
Come mai, secondo te, oltre le riviste di settore, non si parla quasi mai sulla stampa del “mondo della notte”, se non quando c’è da puntare il dito in tema di droghe?
“Penso che in Italia ci sia molta distanza tra quella che è la cultura reale e quella istituzionalizzata. Tra l’altro, per quanto riguarda i club, la visione è sempre legata a questo stereotipo un po’ ignorante del discotecaro e a questa idea di un ambiente qualitativamente molto basso. Anche quando i media principali si occupano del mondo della notte, sembra siano rimasti agli anni 90. Insomma, penso che il problema vero sia che in Italia c’è poco ricambio generazionale, anche nell’informazione.”
Quale pensi che sia il connubio tra club e droghe? Sono due elementi inscindibili?, tenendo anche conto che i club sono posti quasi fatti ‘ad hoc’ perché la droga ti prenda bene, tra musica e luci
“Che la droga sia molto presente nella società italiana è indiscutibile, ma il livello di ipocrisia è allucinante e fa si che non ci sia educazione a riguardo. Detto questo, nei parties o nei concerti, le droghe possono trovare una collocazione “ideale” perché sono visti dalla gente come momenti di totale svago. Ma il nostro lavoro sulla qualità musicale, sulla qualità del soundsystem o dell’impianto luci o delle scenografie, hanno come obiettivo quello di dare la migliore esperienza possibile ai nostri clubbers. Quello che loro fanno nel privato non è affare nostro. La cosa che penso di poter dire a nome anche dei miei compagni del sound department è che al primo posto c’è il rispetto per gli altri clubber presenti e abbiamo la fortuna di avere un clima fantastico da quel punto di vista.”
Stai lavorando su qualche progetto di cui vuoi parlarci?
“Ho un po’ di materiale interessante in studio che spero di rilasciare prossimamente, e inoltre sto lavorando tantissimo sulla ricerca musicale quindi nei prossimi dj set sentirete un po’ di cose diverse dal solito!”